lunedì 1 febbraio 2010

DIARIO DA SAIGON - PART 9 - LA STANZA N°15

LA STANZA N° 15 TULUM. 18 GENNAIO 2000. All’alba arriviamo al Mariachi. Non mi sento bene. Sento troppo. Bruno. Il figlio di Marcos. I miei morti mi perseguitano. Saigon una ferita che non smette di sanguinare, copre di rosso il Mexico. Tutta la mia vita è rossa, insensata. Oc il mio demone buono, silenzioso Maya d’un bastardo, mi usa, mi odia. Lo disprezzo. El Mariachi è casa sua, la sua base. Tutti lo aspettano, ancora di più oggi a missione riuscita. Con un grosso carico di Maya-Cozz. Il primo ad abbracciarlo, l’unico che gli altri guardano prima di muovere un passo, è Reyes: un tipo di mexicano basso, tratti da indigeno e uno sguardo nitido che buca le apparenze. Un metro e 58 di fascino Maya ben conservato al lato del turismo. Oc lo tratta con una deferenza che non gli conosco. Di sicuro è il boss. Mi osserva come uno che sa, e sa aspettare. Si presenta: “Colonnello, è un onore per me. Il suo appoggio alla nostra causa è stata una benedizione. Per noi Maya non esiste che questo momento in vita, e il tempo è un cammino di riconoscimento dei fratelli in viaggio. Benvenuto fratello! Il cibo che porti in dono salverà la nostra gente”. La banda sembra ben nutrita: sette compagni con facce da galera. Festeggiano il ritorno di Oc, bevono alla loro fortuna, bevono per bere. Oc sembra un altro: rilassato, vulnerabile. Anche io bevo, ma solo per non perdere il controllo. Non mi fido della loro esuberanza, non mi fido più e basta. Poi per un attimo penso d’impazzire. Una visione imprendibile s’impossessa di me: arriva un taxi, Reyes s’affretta alla portiera: Nancy. Nancy??? Il mio demone cattivo. Un’altra Nancy, la riconosco subito soltanto da un gesto morbido della mano. 5 gennaio 1975. SAIGON. Maledetta Nancy. Ha suicidato i miei sette fratelli. Ha ucciso Bruno ed è scappata via come un giorno di noia. L’ho vista salire sulla macchina dei potenti: libera, diversa. Un’altra Nancy. TULUM. 18 GENNAIO 2000. 17.21. Stabilimento El Mariachi. È un’altra Nancy. Mi vede. Fa finta di non riconoscermi mentre abbraccia Reyes, il suo uomo di oggi. Ma io so chi è. Certe mancanze sanno mutare sembianza, possono vestire facce diverse, ma la sostanza no. Quella appartiene al nucleo, ai ricordi del futuro. E io adesso non prevedo più il mio passato. Il presente, invece, mi parla fin troppo chiaro: le maya-cozz, cibo d’altri pianeti: una droga come tante. E Marcos, padre spacciatore d’illusioni, sapeva tutto, gestiva il traffico. Dentro la stanza n° 15 si beve e balla, sono in sette. Sette bastardi più Nancy. La verità è che non c’è mai stata altra missione che controllare lo spaccio degli dei prima dell’aggancio nel 2012. Solstizio d’inverno. Sono un verme: fottuto, parlante. Mi osservano, non gli servo più: il loro servo inconsapevole. Eccomi qui, sorpreso a guardarmi da fuori, e il poco che vedo non merita di continuare. Maledetta Nancy, maledetto Oc, sostenitori della mia follia. Sette fratelli morti, sette bastardi vivi. La stanza n°15 è un’orgia di pellicani: si baciano Nancy coi becchi rivolti al cielo. Sono sicuro che se li scopa più di uno alla volta. Beviamo dalle ali spiegate in formazione. Tutte le grida…non sono un pesce! Non potete mangiarmi vivo. Nancy mi ride negli occhi, Oc m’implora che non è vero niente, poi mi portano via, lontano: Luci strombo, musica alta, femmine di cioccolato che agitano il culo intorno ad un palo. Mezcal. Il verme. Io sono il verme. Devo bermi da solo. Scordarmi tutto sulla strada dell’abbandono, fino a Palimuro.

Nessun commento:

Posta un commento