sabato 30 gennaio 2010

DIARIO DA SAIGON - PART 8 - LE MAYA COZZ

LE MAYA-COZZ

Oc non mi parla più. Oc non mi fa più fumare. Non lo capisco. Da quando abbiamo perso, a Palenque, la nostra missione ci sta separando. Parliamo di nuovo lingue diverse. Non mi fa fumare più.

12 gennaio 2000. STABILIMENTO BALNEAR ZAPATISTA “EL SALVADOR”. CHAPAS. Continuo a seguirlo ma non mi fido più. Perché mi ha portato qui? Un desolato avanzo da dopolavoro zapatista: campesinos annoiati di fronte ad un lento fiume marrone, donne appesantite da una vita di figli nati in fretta, chinate sul futuro a lavare i panni. Il figlio del sub-comandante Marcos è morto. Era qui che veniva in vacanza. Continuo a non capire. Oc mi mostra dei simboli, poi fa strani gesti di fronte ad un’immagine del sub-comandante disegnata sul muro.

Dovevamo rapirgli il figlio, e ora siamo nel suo covo. Oc è agitato, non si vuole far capire da me. Parla con un tipo, piccolo, con la faccia cattiva. Muove le mani frenetico mentre indica posti diversi, sembra confuso.

Non capisco che poche parole: maya…poi qualcosa che ha a che fare col cibo, poi forse il nome di un pueblo, poi niente. Sono sicuro che è tutta una farsa. Ma io devo trovare un senso. So che devo seguirlo.

2 gennaio 1975. SAIGON. Bruno. 26 anni soffiati via. Il doppio di 13. Torna sempre. Non riesco a dimenticarlo. Non sono arrivato in tempo e questo ha fatto la differenza. Li hanno ammazzati come cani. Povero Bruno. Perché proprio lui? Colpa di Nancy. A lei Bruno non è mai piaciuto, e lui moriva per lei. Lo ha messo contro i suoi fratelli. Lo umiliava. Se l’è preso con i suoi sorrisi e me l’ha ridato morto. Con un colpo in bocca. È stato lui a parlare.

MAHAUAL. Non mi ricordo di essere mai venuto in questo posto. 14 GENNAIO 2000. Finalmente ce l’hanno fatta a farla diventare qualcosa. Quaranta anni fa, quando mi ci spedirono per l’addestramento, Mahaual era poco meno di niente. L’esercito americano aveva creato qui un avamposto segreto per i corpi speciali dei marines.

Qui mi hanno creato come sono. Qui mi sono riconosciuto. Qui mi hanno preparato per l’inferno di Saigon. Bassa costa Maya, quasi al confine col Belize, già al tempo Mahaual era il posto ideale per non esistere più, oltre le barche dei pescatori un lembo di azzurro, aperitivo dei carabi.

Sì, mi ricordo di essere stato qui. Ma oggi è tutto diverso, è tutto pieno dove prima era solo sabbia.

Le costruzioni hanno occupato un vuoto che non riesce a farsi da parte, si sente. È quel lembo di azzurro tenace che non sopporta la materia dell’uomo, la carne grassa dei gringos. Li osservo dal bar sulla spiaggia, col binocolo: gonfi e bolsi col salvagente a riva, mentre s’inchiattano i culoni per misurarsi con la gita in canoa del tour organizzato. Patetici buzziconi a forma di $ dollaro.

Le guide mexicane fanno i gentili col loro inglese da mancia facile, e li disprezzano per quello che sono. Oc è al mio fianco. M’indica il lungo pontile in fondo alla spiaggia dove è attraccato un mostro da crociera. Un tempo da lì partivamo con lance verdi da combattimento, in ricognizione o in missione. Ci siamo insediati qui come un cancro e ora questa terra trasuda di giorno e fantasma di notte.

Oc ha ripreso a parlarmi, non m’illudo, avrà un suo scopo:

”Immagina la riunione in Francia: Club Med. Qualche testa di cazzo sta per saltare, dal mexico cattive nuove: Cancun e Playa del Carmen sono bruciate, ci sono più tour-operators che pesci nel Rife. Bisogna inventarsi qualcosa. Tulum è quasi alla frutta, vediamo un po’…ma claro! Mahaual!! I gringos ci stavano già e ora ce li rimandiamo in ciabatte, no?!? Due sassi Maya al mattino, pranzo al centro commerciale e pomeriggio libero di fare quello che non faresti neanche sotto tortura. Ma sei in vacanza…che vuoi? Sorridi!”

Inizio a sospettare che la storia di Capo Cozza, a Salina Cruz, non fosse poi così laterale. Queste cozze tornano spesso nei discorsi che Oc tiene coi peggiori del pueblo. La mia vecchia base sembra dimessa, ufficialmente lo è. Meno dimesso però è il via vai notturno di motoscafi veloci che ripartono in fretta. Caricano. Oc sa che io conosco bene il posto, niente è più casuale qui, neanche il caso. Non esigo spiegazioni. A questo punto non chiedo di meglio che fare quello che meglio so. Il colpo è facile, il bottino non m’interessa. Questo tramonto nemmeno. Neanche del sangue versato m’importa più, però almeno quello colora. Sei uomini di guardia sul pontile, carico grosso in arrivo all’alba. Oc mi spiega il piano: due bombole e molta pazienza per lui sott’acqua, io invece a fare un po’ di teatro alla base, intrattenere il boss e fare diversivo.

Ma non ne ho voglia, così mi ubriaco di mezcal.

E allora il verme:

PALIMURO – SENZA TEMPO –

E allora il verme:

“ti ricordi quante volte per mangiarmi hai mangiato i tuoi ricordi? Pensa in Maya: scarta la cozza e tienti la conchiglia”.

Mi risveglio botta in testa sopra un carro. Oc è raggiante al blu del telone mentre già sfreccia il giorno. Ai nostri piedi un carico, strani oggetti ovali avvolti in caschi di spine. Lui mi osserva guardarli. Due parole soltanto: MAYA-COZZ: il cibo del cielo, la droga delle droghe.

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