giovedì 14 gennaio 2010

DIARIO DA SAIGON - PART 3 - IN MUERTE DI GABRIEL ROZOCO

IN MUERTE DI GABRIEL ROZOCO 14 APRILE 1964. Mattina presto. Gabriel Rozoco, il più importante artista concettuale mexicano vive qui, a Roca Blanca.
Da quattro anni lavora in segreto per la CIA, per questo sono qui, por matarlo. Io, un giovane colonnello Burz appena nominato capitano, sono in missione per la legione straniera, bevo un cafè della Maestra nella cabana sulla spiaggia, bianca. I pellicani si tuffano in acqua a buscar la preda: veloci, determinati e precisi. Esattamente come me. El buseador Jose m’insegna come caricare l’arpione, i suoi baffi parlano chiaro. Mi prendo il mio tempo, devo aspettare la chiamata, e le chiacchiere qui non sono certo un problema.
Tutti aspettano la sua chiamata, il contatto è la Maestra: “Buenas dias senor Gabriel” – dall’altra parte della radio la voce giunge nitida: “Que pescado hoy maestra?” – “Todos lo mejor senor Gabriel!” – “Bueno. Trajemelo rapido” – “Por seguro senor Grabiel, las ninas estan saliendo”.
3 gennaio 2000. Zicatela. Lo sconosciuto coi baffi mi parla in una lingua che non conosco, sembra minaccioso. In testa solo qualche vago ricordo di Nancy, ancora non ricordo come sono finito qua.
14 aprile 1964. Roca Blanca. 12.21 pm. Seguo le figlie della maestra da vicino. Non è facile arrivare a lui. È sospettoso, vive isolato e non esce mai di casa, una casa nascosta, come la sua vera identità. Ma io sono addestrato per questo. Faccio salire le ninas dall’unico sentiero che porta alla casa, mentre io mi arrampico sulle rocce per sorprenderlo alle spalle. Finalmente scorgo il tetto: una croce di legno con vista sul mare, al cui interno è incastrata una piscina circolare: un piccolo gioiello di architettura, opera di un’ancora giovane Tatiana Balboa, un’altra che lavora per chiunque tranne che per se stessa.
Sul tetto-piscina c’è l’amante di turno: una dea, stupenda, prende il sole in piedi. Non vorrei mai che finisse coinvolta in questa storia. A questo punto le ninas avrebbero già dovuto terminare il loro lavoro. Infatti pochi istanti dopo Gabriel compie la sua apparizione: camicia di lino bianca sbottonata, quarant’anni di occhiali da sole e fascino da affittare a volontà. Per poco ancora. Prendo la mira, l’arpione di Jose vibra nelle mia mani, una goccia di sudore e parte il colpo: veloce, determinato e preciso. Le urla della donna suonano musica alle mie orecchie. Gabriel Rozoco, pittore-spia, cade riverso in piscina. Trafitto, finito. E l’acqua lentamente si colora della sua morte.

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